I bendaggi elastocompressivi sono di diverse tipologie e a seconda di come vengono utilizzati possono avere modalità d’azione diverse.
In Riabilitazione Vascolare hanno lo scopo di dosare la pressione su tessuti e vene, controllare e ridurre l’edema, contrastare gli effetti negativi dell’ipertensione venosa e migliorare l’ossigenazione dei tessuti.
Il bendaggio flebologico sfrutta situazioni diverse a seconda che si voglia giovare di una “pressione di riposo” (statica) o di una “pressione di lavoro” (dinamica).
La pressione di riposo (PdR) dipende essenzialmente dall’elasticità strutturale della benda, ovvero dalla capacità di recuperare la lunghezza di base dopo l’estensione. La pressione a riposo è più elevata se si utilizzano bende a lunga elasticità che generano un importante effetto compressivo di superficie adatto appunto nella situazione di riposo ma che non riesce a contrastare l’espansione dei ventri muscolari sottostanti al momento della deambulazione.
La pressione di lavoro (PdL) dipende invece dalla validità dell’espansione di contrazione dei muscoli delle gambe. I muscoli surali sono strutture capaci di accorciarsi durante la loro attività: i ventri muscolari si gonfiano in senso latero-laterale, esercitando un’utile azione di compressione e spremitura sui vasi venosi profondi. Per ottenere un’elevata pressione di lavoro è necessario usare bende a ridotta estensibilità, in grado di contenere l’espansione e contrazione dei muscoli delle gambe
Esistono tre tipologie di bende:
Bende anelastiche o a ridotta estensibilità (estensibili sino al 40% del valore basale).
Possono essere adesive o meno ed esercitano una pressione di lavoro molto elevata ma una bassa pressione di riposo: è un bendaggio inefficace per persone non deambulanti. La benda a corta estensibilità, cioè con estensibilità inferiore al 70% in tensione del 50% circa, esercita una compressione di circa 8-12 mm Hg.
Bende a media elasticità (estensibili fra il 70-140% del valore basale).
Esercitano una pressione di lavoro meno elevata rispetto a quelle anelastiche ma una discreta pressione di riposo: si possono usare in pazienti con edema poco deambulanti, ma con necessità di rimozione del bendaggio per medicazioni frequenti. La compressione in tensione è di circa 18 mm Hg e vanno rimosse la sera.
Bende a lunga elasticità (estensibili più del 140%).
Esercitano una bassa pressione di lavoro ma una pressione di riposo molto alta: sono usate per il mantenimento dopo la riduzione dell’edema, su arti distrofici dove le calze sono controindicate. La pressione esercitata è molto alta: 38-42 mmHg di conseguenza il bendaggio confezionato con questa benda è sempre mobile e va rimosso alla sera.
In relazione al quadro sintomatologico verrà scelto il tipo di bendaggio più adatto alle esigenze specifiche del paziente e della patologia.
Il bendaggio elastico deve essere applicato in due strati:
Primo strato: è sempre lo strato protettivo in cotone di Germania o in materiale sintetico con analoghe caratteristiche che ha lo scopo di proteggere le prominenze ossee (cresta tibiale, malleoli) e determinare una compressione concentrica, cioè con valore di compressione costante in qualsiasi punto di una circonferenza. Se si modifica il raggio di curvatura applicando l’imbottitura all’interfaccia cute-bendaggio si possono verificare due eventualità: se la pressione sotto il bendaggio viene ridotta si determina una compressione eccentrica negativa (fossette retromalleolari) mentre se la pressione viene aumentata si determina una compressione eccentrica positiva (es. perforanti).
Secondo strato: Può essere eseguito con benda corta, media o lunga elasticità. Deve essere mobile quando vi è necessità di medicare frequentemente (infezione o presenza di tessuto da rimuovere), fisso quando le caratteristiche della lesione consentono medicazioni meno frequenti. La tecnica utilizzata può essere a spirale o a “8” (o spina di pesce). È indispensabile tenere presente che maggiore è la sovrapposizione delle bende, maggiore è la compressione; inoltre è importante ricordare che il piede deve essere flesso dorsalmente (posizione a martello) per evitare pieghe alla caviglia.
Il bendaggio elastico dell’arto deve essere applicato con compressione graduale e decrescente dalla caviglia al ginocchio. Si ottiene così un arto eumorfico mantenendo la stessa tensione della benda per la legge di Laplace (secondo la quale la pressione (p) è direttamente proporzionale alla tensione (t) della benda e inversamente proporzionale al raggio (r) della gamba). Per questo motivo, il primo strato serve per regolarizzare il raggio dell’arto “cilindrico” o viceversa a “fiasco”.
Le principali controindicazioni all’elastocompressione sono:
Scompenso cardiaco
Arteriopatia cronica obliterante (ABI < 55% prudenza tra 55- 70%)
Paziente non autosufficiente (con gravi patologie concomitanti)
Malattie dermatologiche che controindicano sistemi occlusivi
Inoltre esistono patologie come le allergie ai materiali elastici, neuropatie sensitive e cisti di Baker, per le quali è necessario valutare di volta in volta se è il caso di evitare la terapia compressiva oppure di utilizzarla con una serie di accorgimenti.
Avvertenze importanti per l’uso di bende ad elevata elasticità e multistrato:
se il paziente dovesse avvertire una sensazione di dolore o parestesia in posizione distale rispetto al bendaggio, questo deve essere subito rimosso
il bendaggio fisso può rimanere in sede fino ad un massimo di sette giorni
le fasciature devono essere eseguite da personale sanitario esperto. È quindi necessaria un’adeguata formazione e addestramento nella tecnica di bendaggi
è fondamentale verificare sempre che il bendaggio a gambaletto termini a un centimetro sotto la testa del perone
in ogni caso dopo aver eseguito un bendaggio è sempre consigliabile far deambulare il paziente per venti minuti prima di congedarlo